lunedì 14 settembre 2009

piccola digressione

io non parlo

Non temo l'uomo,
ma quello che lui diventa.
Non temo la morte,
ma la perdita del sole di ogni giorno.
Non temo la minaccia della guerra,
ma ciò che la guerra farà di me.
Non temo la nebbia che offusca,
ma che io non possa essere capace di vedere.
Non temo le forze maligne,
ma che gli angeli possano sparire.
E' troppo dentro di me ciò che io recepisco
per conoscere esattamente quello che temo.
Temo le tue parole, le tue promesse,
ma mi beo del loro significato.
Temo il tuo luminoso viso prigioniero,
ma non le immagini che vedo.
Temo di amare e sperare
nei sogni e altro.
Temo di conoscerti e amarti
e non sentire mai un tocco gentile.


karl guillen

ho postato questa poesia perchè è molto bella e vorrei condividerla con voi

karl guillen e la sua arte

Cari amici di AltraMusa,vi chiederete perché vi parlo di karl Guillen, la risposta è semplice e naturale, siamo in un sito di poesia e credo che la sua arte merita la nostra attenzione . Se vi accosterete alla sua arte dovete farlo col cuore libero dal pregiudizio e vedere Karl come uomo, e per la semplicità con cui lui descrive la sua vita e non per la sua vicenda di detenuto. Solo allora potrete scoprire la bellezza della sua arte , apprezzarne i colori, le sfumature del dolore che ha nel cuore. Leggere le sue opere non è altro che entrare nella vita dell’autore, partecipare al suo dolore, chiedersi il perché di tanta ferocia. La lettura dei suoi romanzi (il tritacarne e il sangue d’altri )scorre come un fiume in piena, senza mai cadere nel vittimismo. Il tono incalzante lascia il lettore senza fiato dal prima all’ultima pagina , nonostante questo nei suoi scritti si percepisce sempre tanta forza e speranza anche nel raccontare l’esperienze più dolorose. La sapiente traduzione dei suoi scritti, fa si che l’animo del poeta non venga mai alterato facendoci gustare i suoi scritti in tutta la loro bellezza.
Personalmente preferisco il karl poeta, perché si avvicina di più al mio animo . Le sue poesie risentono indubbiamente della sua vita di detenuto , sono un grido di un uomo , sono spaccati di una vita che non gli è stato permesso di vivere a pieno . Spero che leggendo le opere di karl possiate riflettere e chiedervi se la pena di morte sia una forma vera di giustizia, se è giusto che a un uomo non vengano somministrate le medicine di cui ha bisogno solo perché è un detenuto, questi sono gli Stati uniti, dove chi è povero e non può permettersi di pagare un avvocato è costretto a subire processi in equi, diventando così carpo espiatorio di crimini commessi d’altri ed è questo il grido di Karl e della sua arte .Non si può restare indifferenti all’angherie ai soprusi che ogni giorno deve subire, alla cattiveria delle guardie che gli hanno spaccato le dita per non fargli comporre il”Tritacarne”, ma soprattutto alla crudeltà di non somministrare i farmaci di cui karl ha bisogno . A prescindere dal delitto di cui ti sei macchiato , il diritto alla vita , alla salute è un diritto che uno stato che si dice civile dovrebbe garantire ai suoi cittadini. Quanto ricevuto la prima volta la lettera di karl mi ha colpito una sua frase “sorridi perché ci sono molti motivi per sorridere , anche nel dolore e nella tortura, quello che mi ha colpito è l’impegno con cui mi ha risposto in italiano , e per il sorriso con cui ti contagia pur vivendo una situazione difficile . Per chi volesse conoscere come aiutare Karl si può collegare al suo sito www.karlguillen.org e troverà tutte l’informazioni a volte basta veramente poco per aiutare.

il testamento di tito

Tito era rinchiuso in un carcere, ormai era solo questioni di giorni e poi sarebbe stato giustiziato . Dopo anni nel”braccio della morte “ era stata decisa la fatidica data. In quei giorni , gli ultimi della sua vita tutto gli passava come un film, immagini chiare nella sua mente che lo riportarono a dieci anni prima quando aveva ammazzato suo padre per difendere la sua famiglia. Nella sua vita aveva conosciuto solo il dolore , le botte i continui stupri , doveva fare qualcosa per salvare i suoi fratelli.
Non ci pensò due volte prese quel coltello e glielo conficcò nel petto ,non una ma dieci volte sempre con più forza, non bastavano per tutte le volte che suo padre aveva abusato di lui. E ora era lì in quella stanza tre metri per tre, aveva tanto tempo per pensare ma cosa strana non provava nessun rimorso, suo padre era il mostro e non lui questo era quello che gli pesava nel cuore , quello di non avere rimorsi .

Tutto il carcere era in fermento per quell'esecuzione che aspettavano ormai da dieci anni, e anche il boia aveva affinato le sue tecniche , ora si uccide con i farmaci. Johan era Il boia dell'Arizona , soprannome che gli avevano conferito perchè aveva partecipato a molte esecuzioni e mentre era nella camera della morte , per organizzare tutto con dovizia di particolari, sentì una strana voce che sembrava sussurragli qual cosa

“tu non sei meglio dell'uomo che domani ucciderai” “chi ha diritto di spegnere una vita in nome della giustizia e di uno stato '? “anche tu domani commetterai un omicidio”. Johan cerco invano di scacciare quelle parole , ma tornavano alla mente , spesso negli ultimi giorni Tornò dai suoi figli come faceva tutti i giorni dopo il lavoro , sembravano contenti e volevano sapere tutto sull'esecuzione di Tito , metodi usati per farlo morire , ma quella sera non aveva voglia di parlare , era preso da un senso di angoscia, non gli era mai capitato. Pensava a gli occhi di Tito e al dolore dei famigliari, anche il “boia dell'Arizona” ha un cuore . Era conosciuto come un uomo freddo , spietato che trattava tutti con distacco eppure il caso di Tito aveva lasciato un piccolo strascico nel suo cuore .

Tito non aveva nessuno, i suoi fratelli lo avevano abbandonato , non aveva amici e nessuno con cui poter parlare , aveva solo una carata e una penna si mise sul letto e incominciò a scrivere queste parole come un fiume scesero dalla penna per trasformarsi in una lettera,

caro boia,
mi chiedo cosa si prova quando si mette quel laccio intorno al braccio di un condannato, quando piano piano premi lo stantuffo della siringa e liquido scende nella sua vena fino a quando la morte si porta via una vita , misera vita , vita che non vale niente ma pur sempre vita.

Mi domando cosa proveresti se al posto mio ci fosse tuo figlio. La mia vita è stata in salita fin da piccolo , a cinque anni mio padre ha incominciato a picchiarmi , a stuprarmi. Più volte ho denunciato ma non hanno ascoltato, poi arrivò quel giorno ancora una volta mio padre era furioso continuava a picchiare i miei fratelli io dovevo difenderli e l'ho ucciso e ora mi trovo qui ad aspettar che tu mi faccia la famosa iniezione. Mi domando cosa sarei diventato se non mi fossi macchiato di un tale orrore , lo stato che ora mi uccide non ha fatto niente per evitare tutto ciò , tante volte abbiamo denunciato , ma nessuno mi credeva era un uomo rispettabile a vederlo non si direbbe un mostro. Ricordo quando ci picchiava, ci spogliava e ci prendeva a cinghiate , non c'era modo di farlo smettere.
L'unico momento felice che ho vissuto con mio padre quando , in quei pochi momenti di lucidità imbracciava la chitarra e ci cantava la canzone IL TESAMENTO DI TITO di Fabrizio de Andrè che amava moltissimo visto le sue origini italiane.

Questo è il mio testamento quando ascolterete questa canzone , ricordatevi di colui che domani manderai a morire, ci sono alcuni versi che rappresentano il mio stato d'animo.”L'invidia di ieri non è già finita...stasera vi invidio la vita.” Già sta sera vi invidio la vita, questo dono immenso , di cui ti accorgi solo quando la stai per perdere , vi invidio i giorni che passerete in famiglia nella gioia , e quelli che trascorrete nel dolore , il calore di un abbraccio , si questo vi invidio la vita nella sua semplicità. Lo so che questo stato mi punisce per la legge del contrappasso , io mi sono preso la vita di mio padre e ora questo stato si prende la mia.

Come fai a convivere con la tua coscienza , a sapendo che ogni volta commetti un omicidio seppur legalizzato. Io convivo con i miei errori , ma tu lo devi fare con i tuo sensi di colpa, caro boia quando leggerai questa lettera tu avrai compiuto il tuo dovere e io non ci sarò più , Questa non altro che una giustizia nell'ingiustizia in uno stato che si crede civile , ma la prigione e lo stato non dovrebbero rieducare chi sbaglia e non ammazzare , con la pena di morte si legittima ad uccidere .

Non siamo Barbari e non siamo nel medio evo eppure questo mondo torna in dietro. So che la mia vita non vale niente, ne un rimorso non una richiesta di perdono, so che lo rifarei sono un mostro,ma la morte è un prezzo troppo grande, da sopportare da solo. Tu domani tornerai a casa , mentre io sarò deposto in una barra , ora mi chiedo cosi poco vale una vita umana?.

caro Tito,

ho letto con attenzione la tua lettera, mi chiedi cosa si prova ad uccidere un uomo , a dire la verità non ci ho mai pensato. Sono quasi trent'anni che lavoro in questa prigione , ho visto molte esecuzioni , i primi tempi pensavo che non ci si abituasse alla morte , ma con il passare del tempo ho corazzato il mio cuore fino a farlo diventare di ghiaccio. Purtroppo è un lavoro come un altro, del resto chi arriva all'esecuzione si è macchiato di grandi delitti, con prove a carico che ne provano la colpevolezza .

Con la pena di morte si ottiene giustizia, nella tua lettera mi parli di giustizia ,di dignità , ma chi pensa alle famiglie delle vittime?, chi gli ridarà il proprio caro?, chi gli ridarà il suo sorriso? La vita non ha prezzo è vero ma chi si macchia di simili orrori non merita questo dono di vivere questa vita. Questa è giustizia La mia coscienza è pulita , non sono io che uccido , sono legittimato dalle leggi di questo stato , marcire nelle prigioni a spese dei contribuenti no, chi uccide deve essere punito e la morte è l'unico mezzo. Forse mi dico questo per convincermi che sto facendo la cosa giusta , così il peso dei miei gesti è meno duro . Mi chiedi cosa proverei se al posto tuo ci fosse mio figlio non lo so caro Tito , tutte le mie certezze si stanno sgretolando come una casa distrutta dal terremoto, non avevo mai pensato di vedere le cose nell'ottica del condannato solo punto di vista della vittima,
ma mi è bastato una lettera una semplice frase “sta sera vi invidio la vita”che tutti miei castelli, si erano sgretolati non so più che fare. Mi sento impotente davanti a tutto questo
Ormai il sole era alto nel cielo, i suoi raggi entrarono nella stanza, Johan aveva avuto gli incubi tutta la notte , e quella voce non gli dava pace continuava a ripetergli “sei un assassino legalizzato” “sei un assassino “ era la voce della sua coscienza , che non aveva mai interrogato.

Ormai era tutto pronto , le luci dei riflettori erano puntate tutte su di lui. Tito era steso su quel lettino , pronto per l'iniezione letale, per tutto il tragitto che lo portava alla “camera della morte”

Tito non aveva staccato gli occhi di dosso da i suoi aguzzini, con una dignità e un orgoglio che era solo d'ammirare , mille pensieri gli attanagliavano la mente. Johan si avvicinò a Tito per mettergli il laccio , si soffermò a guardare Tito, quegli occhi che non si staccavano mai dai suoi , era la prima volta in trent'anni di carriera che durante un esecuzione si soffermava a guardare chi avesse davanti , come un ologramma gli si materializzo il viso di suo figlio . quella visione lo turbò , il suo colorito era simile a quello di un cadavere , bianco , continuò a ripetersi “the show must go on” , e si accinse a mettere li laccio , riguardo negli occhi quel ragazzo e ancora una volta rivide il volto di suo figlio. Invano cerco di togliersi quell'immagine dal cuore e dalla mente ,ma non ci riusciva .

Vide le sue mani e per la prima volta si accorse che tarmavano, che sto facendo ?si disse, che sto facendo ?, poi una nebbia avvolse la sua mente e “cadde come corpo morto cade” . Si risveglio in una stanza di ospedale, l'esecuzione di Tito era stata portata a termine dal suo vice , calde lacrime scesero dagli occhi di Johan, riuscitosi a liberare dall'angoscia decise di andare in pensione e di onorare quel dono che ci viene dato,una volta sola, la vita“,il testamento di Tito" questo fu il nome dell'associazione che Johan fondò per combattere contro la pena di morte e il rispetto dei diritti umani , in onore del suo amico Tito .Grazie a Tito che aveva capito che la vita è quel dono che ci viene offerto una volta sola ,e che nessuno ha il diritto di toglierla neanche nel nome della giustizia dignità per i detenuti condizioni più umane ,perché chi sbaglia merita di poter rimediare ai propri errori , perché come dicevano i latini “errare humanum est”