io non parlo
Non temo l'uomo,
ma quello che lui diventa.
Non temo la morte,
ma la perdita del sole di ogni giorno.
Non temo la minaccia della guerra,
ma ciò che la guerra farà di me.
Non temo la nebbia che offusca,
ma che io non possa essere capace di vedere.
Non temo le forze maligne,
ma che gli angeli possano sparire.
E' troppo dentro di me ciò che io recepisco
per conoscere esattamente quello che temo.
Temo le tue parole, le tue promesse,
ma mi beo del loro significato.
Temo il tuo luminoso viso prigioniero,
ma non le immagini che vedo.
Temo di amare e sperare
nei sogni e altro.
Temo di conoscerti e amarti
e non sentire mai un tocco gentile.
karl guillen
ho postato questa poesia perchè è molto bella e vorrei condividerla con voi
lunedì 14 settembre 2009
karl guillen e la sua arte
Cari amici di AltraMusa,vi chiederete perché vi parlo di karl Guillen, la risposta è semplice e naturale, siamo in un sito di poesia e credo che la sua arte merita la nostra attenzione . Se vi accosterete alla sua arte dovete farlo col cuore libero dal pregiudizio e vedere Karl come uomo, e per la semplicità con cui lui descrive la sua vita e non per la sua vicenda di detenuto. Solo allora potrete scoprire la bellezza della sua arte , apprezzarne i colori, le sfumature del dolore che ha nel cuore. Leggere le sue opere non è altro che entrare nella vita dell’autore, partecipare al suo dolore, chiedersi il perché di tanta ferocia. La lettura dei suoi romanzi (il tritacarne e il sangue d’altri )scorre come un fiume in piena, senza mai cadere nel vittimismo. Il tono incalzante lascia il lettore senza fiato dal prima all’ultima pagina , nonostante questo nei suoi scritti si percepisce sempre tanta forza e speranza anche nel raccontare l’esperienze più dolorose. La sapiente traduzione dei suoi scritti, fa si che l’animo del poeta non venga mai alterato facendoci gustare i suoi scritti in tutta la loro bellezza.
Personalmente preferisco il karl poeta, perché si avvicina di più al mio animo . Le sue poesie risentono indubbiamente della sua vita di detenuto , sono un grido di un uomo , sono spaccati di una vita che non gli è stato permesso di vivere a pieno . Spero che leggendo le opere di karl possiate riflettere e chiedervi se la pena di morte sia una forma vera di giustizia, se è giusto che a un uomo non vengano somministrate le medicine di cui ha bisogno solo perché è un detenuto, questi sono gli Stati uniti, dove chi è povero e non può permettersi di pagare un avvocato è costretto a subire processi in equi, diventando così carpo espiatorio di crimini commessi d’altri ed è questo il grido di Karl e della sua arte .Non si può restare indifferenti all’angherie ai soprusi che ogni giorno deve subire, alla cattiveria delle guardie che gli hanno spaccato le dita per non fargli comporre il”Tritacarne”, ma soprattutto alla crudeltà di non somministrare i farmaci di cui karl ha bisogno . A prescindere dal delitto di cui ti sei macchiato , il diritto alla vita , alla salute è un diritto che uno stato che si dice civile dovrebbe garantire ai suoi cittadini. Quanto ricevuto la prima volta la lettera di karl mi ha colpito una sua frase “sorridi perché ci sono molti motivi per sorridere , anche nel dolore e nella tortura, quello che mi ha colpito è l’impegno con cui mi ha risposto in italiano , e per il sorriso con cui ti contagia pur vivendo una situazione difficile . Per chi volesse conoscere come aiutare Karl si può collegare al suo sito www.karlguillen.org e troverà tutte l’informazioni a volte basta veramente poco per aiutare.
Personalmente preferisco il karl poeta, perché si avvicina di più al mio animo . Le sue poesie risentono indubbiamente della sua vita di detenuto , sono un grido di un uomo , sono spaccati di una vita che non gli è stato permesso di vivere a pieno . Spero che leggendo le opere di karl possiate riflettere e chiedervi se la pena di morte sia una forma vera di giustizia, se è giusto che a un uomo non vengano somministrate le medicine di cui ha bisogno solo perché è un detenuto, questi sono gli Stati uniti, dove chi è povero e non può permettersi di pagare un avvocato è costretto a subire processi in equi, diventando così carpo espiatorio di crimini commessi d’altri ed è questo il grido di Karl e della sua arte .Non si può restare indifferenti all’angherie ai soprusi che ogni giorno deve subire, alla cattiveria delle guardie che gli hanno spaccato le dita per non fargli comporre il”Tritacarne”, ma soprattutto alla crudeltà di non somministrare i farmaci di cui karl ha bisogno . A prescindere dal delitto di cui ti sei macchiato , il diritto alla vita , alla salute è un diritto che uno stato che si dice civile dovrebbe garantire ai suoi cittadini. Quanto ricevuto la prima volta la lettera di karl mi ha colpito una sua frase “sorridi perché ci sono molti motivi per sorridere , anche nel dolore e nella tortura, quello che mi ha colpito è l’impegno con cui mi ha risposto in italiano , e per il sorriso con cui ti contagia pur vivendo una situazione difficile . Per chi volesse conoscere come aiutare Karl si può collegare al suo sito www.karlguillen.org e troverà tutte l’informazioni a volte basta veramente poco per aiutare.
il testamento di tito
Tito era rinchiuso in un carcere, ormai era solo questioni di giorni e poi sarebbe stato giustiziato . Dopo anni nel”braccio della morte “ era stata decisa la fatidica data. In quei giorni , gli ultimi della sua vita tutto gli passava come un film, immagini chiare nella sua mente che lo riportarono a dieci anni prima quando aveva ammazzato suo padre per difendere la sua famiglia. Nella sua vita aveva conosciuto solo il dolore , le botte i continui stupri , doveva fare qualcosa per salvare i suoi fratelli.
Non ci pensò due volte prese quel coltello e glielo conficcò nel petto ,non una ma dieci volte sempre con più forza, non bastavano per tutte le volte che suo padre aveva abusato di lui. E ora era lì in quella stanza tre metri per tre, aveva tanto tempo per pensare ma cosa strana non provava nessun rimorso, suo padre era il mostro e non lui questo era quello che gli pesava nel cuore , quello di non avere rimorsi .
Tutto il carcere era in fermento per quell'esecuzione che aspettavano ormai da dieci anni, e anche il boia aveva affinato le sue tecniche , ora si uccide con i farmaci. Johan era Il boia dell'Arizona , soprannome che gli avevano conferito perchè aveva partecipato a molte esecuzioni e mentre era nella camera della morte , per organizzare tutto con dovizia di particolari, sentì una strana voce che sembrava sussurragli qual cosa
“tu non sei meglio dell'uomo che domani ucciderai” “chi ha diritto di spegnere una vita in nome della giustizia e di uno stato '? “anche tu domani commetterai un omicidio”. Johan cerco invano di scacciare quelle parole , ma tornavano alla mente , spesso negli ultimi giorni Tornò dai suoi figli come faceva tutti i giorni dopo il lavoro , sembravano contenti e volevano sapere tutto sull'esecuzione di Tito , metodi usati per farlo morire , ma quella sera non aveva voglia di parlare , era preso da un senso di angoscia, non gli era mai capitato. Pensava a gli occhi di Tito e al dolore dei famigliari, anche il “boia dell'Arizona” ha un cuore . Era conosciuto come un uomo freddo , spietato che trattava tutti con distacco eppure il caso di Tito aveva lasciato un piccolo strascico nel suo cuore .
Tito non aveva nessuno, i suoi fratelli lo avevano abbandonato , non aveva amici e nessuno con cui poter parlare , aveva solo una carata e una penna si mise sul letto e incominciò a scrivere queste parole come un fiume scesero dalla penna per trasformarsi in una lettera,
caro boia,
mi chiedo cosa si prova quando si mette quel laccio intorno al braccio di un condannato, quando piano piano premi lo stantuffo della siringa e liquido scende nella sua vena fino a quando la morte si porta via una vita , misera vita , vita che non vale niente ma pur sempre vita.
Mi domando cosa proveresti se al posto mio ci fosse tuo figlio. La mia vita è stata in salita fin da piccolo , a cinque anni mio padre ha incominciato a picchiarmi , a stuprarmi. Più volte ho denunciato ma non hanno ascoltato, poi arrivò quel giorno ancora una volta mio padre era furioso continuava a picchiare i miei fratelli io dovevo difenderli e l'ho ucciso e ora mi trovo qui ad aspettar che tu mi faccia la famosa iniezione. Mi domando cosa sarei diventato se non mi fossi macchiato di un tale orrore , lo stato che ora mi uccide non ha fatto niente per evitare tutto ciò , tante volte abbiamo denunciato , ma nessuno mi credeva era un uomo rispettabile a vederlo non si direbbe un mostro. Ricordo quando ci picchiava, ci spogliava e ci prendeva a cinghiate , non c'era modo di farlo smettere.
L'unico momento felice che ho vissuto con mio padre quando , in quei pochi momenti di lucidità imbracciava la chitarra e ci cantava la canzone IL TESAMENTO DI TITO di Fabrizio de Andrè che amava moltissimo visto le sue origini italiane.
Questo è il mio testamento quando ascolterete questa canzone , ricordatevi di colui che domani manderai a morire, ci sono alcuni versi che rappresentano il mio stato d'animo.”L'invidia di ieri non è già finita...stasera vi invidio la vita.” Già sta sera vi invidio la vita, questo dono immenso , di cui ti accorgi solo quando la stai per perdere , vi invidio i giorni che passerete in famiglia nella gioia , e quelli che trascorrete nel dolore , il calore di un abbraccio , si questo vi invidio la vita nella sua semplicità. Lo so che questo stato mi punisce per la legge del contrappasso , io mi sono preso la vita di mio padre e ora questo stato si prende la mia.
Come fai a convivere con la tua coscienza , a sapendo che ogni volta commetti un omicidio seppur legalizzato. Io convivo con i miei errori , ma tu lo devi fare con i tuo sensi di colpa, caro boia quando leggerai questa lettera tu avrai compiuto il tuo dovere e io non ci sarò più , Questa non altro che una giustizia nell'ingiustizia in uno stato che si crede civile , ma la prigione e lo stato non dovrebbero rieducare chi sbaglia e non ammazzare , con la pena di morte si legittima ad uccidere .
Non siamo Barbari e non siamo nel medio evo eppure questo mondo torna in dietro. So che la mia vita non vale niente, ne un rimorso non una richiesta di perdono, so che lo rifarei sono un mostro,ma la morte è un prezzo troppo grande, da sopportare da solo. Tu domani tornerai a casa , mentre io sarò deposto in una barra , ora mi chiedo cosi poco vale una vita umana?.
caro Tito,
ho letto con attenzione la tua lettera, mi chiedi cosa si prova ad uccidere un uomo , a dire la verità non ci ho mai pensato. Sono quasi trent'anni che lavoro in questa prigione , ho visto molte esecuzioni , i primi tempi pensavo che non ci si abituasse alla morte , ma con il passare del tempo ho corazzato il mio cuore fino a farlo diventare di ghiaccio. Purtroppo è un lavoro come un altro, del resto chi arriva all'esecuzione si è macchiato di grandi delitti, con prove a carico che ne provano la colpevolezza .
Con la pena di morte si ottiene giustizia, nella tua lettera mi parli di giustizia ,di dignità , ma chi pensa alle famiglie delle vittime?, chi gli ridarà il proprio caro?, chi gli ridarà il suo sorriso? La vita non ha prezzo è vero ma chi si macchia di simili orrori non merita questo dono di vivere questa vita. Questa è giustizia La mia coscienza è pulita , non sono io che uccido , sono legittimato dalle leggi di questo stato , marcire nelle prigioni a spese dei contribuenti no, chi uccide deve essere punito e la morte è l'unico mezzo. Forse mi dico questo per convincermi che sto facendo la cosa giusta , così il peso dei miei gesti è meno duro . Mi chiedi cosa proverei se al posto tuo ci fosse mio figlio non lo so caro Tito , tutte le mie certezze si stanno sgretolando come una casa distrutta dal terremoto, non avevo mai pensato di vedere le cose nell'ottica del condannato solo punto di vista della vittima,
ma mi è bastato una lettera una semplice frase “sta sera vi invidio la vita”che tutti miei castelli, si erano sgretolati non so più che fare. Mi sento impotente davanti a tutto questo
Ormai il sole era alto nel cielo, i suoi raggi entrarono nella stanza, Johan aveva avuto gli incubi tutta la notte , e quella voce non gli dava pace continuava a ripetergli “sei un assassino legalizzato” “sei un assassino “ era la voce della sua coscienza , che non aveva mai interrogato.
Ormai era tutto pronto , le luci dei riflettori erano puntate tutte su di lui. Tito era steso su quel lettino , pronto per l'iniezione letale, per tutto il tragitto che lo portava alla “camera della morte”
Tito non aveva staccato gli occhi di dosso da i suoi aguzzini, con una dignità e un orgoglio che era solo d'ammirare , mille pensieri gli attanagliavano la mente. Johan si avvicinò a Tito per mettergli il laccio , si soffermò a guardare Tito, quegli occhi che non si staccavano mai dai suoi , era la prima volta in trent'anni di carriera che durante un esecuzione si soffermava a guardare chi avesse davanti , come un ologramma gli si materializzo il viso di suo figlio . quella visione lo turbò , il suo colorito era simile a quello di un cadavere , bianco , continuò a ripetersi “the show must go on” , e si accinse a mettere li laccio , riguardo negli occhi quel ragazzo e ancora una volta rivide il volto di suo figlio. Invano cerco di togliersi quell'immagine dal cuore e dalla mente ,ma non ci riusciva .
Vide le sue mani e per la prima volta si accorse che tarmavano, che sto facendo ?si disse, che sto facendo ?, poi una nebbia avvolse la sua mente e “cadde come corpo morto cade” . Si risveglio in una stanza di ospedale, l'esecuzione di Tito era stata portata a termine dal suo vice , calde lacrime scesero dagli occhi di Johan, riuscitosi a liberare dall'angoscia decise di andare in pensione e di onorare quel dono che ci viene dato,una volta sola, la vita“,il testamento di Tito" questo fu il nome dell'associazione che Johan fondò per combattere contro la pena di morte e il rispetto dei diritti umani , in onore del suo amico Tito .Grazie a Tito che aveva capito che la vita è quel dono che ci viene offerto una volta sola ,e che nessuno ha il diritto di toglierla neanche nel nome della giustizia dignità per i detenuti condizioni più umane ,perché chi sbaglia merita di poter rimediare ai propri errori , perché come dicevano i latini “errare humanum est”
Non ci pensò due volte prese quel coltello e glielo conficcò nel petto ,non una ma dieci volte sempre con più forza, non bastavano per tutte le volte che suo padre aveva abusato di lui. E ora era lì in quella stanza tre metri per tre, aveva tanto tempo per pensare ma cosa strana non provava nessun rimorso, suo padre era il mostro e non lui questo era quello che gli pesava nel cuore , quello di non avere rimorsi .
Tutto il carcere era in fermento per quell'esecuzione che aspettavano ormai da dieci anni, e anche il boia aveva affinato le sue tecniche , ora si uccide con i farmaci. Johan era Il boia dell'Arizona , soprannome che gli avevano conferito perchè aveva partecipato a molte esecuzioni e mentre era nella camera della morte , per organizzare tutto con dovizia di particolari, sentì una strana voce che sembrava sussurragli qual cosa
“tu non sei meglio dell'uomo che domani ucciderai” “chi ha diritto di spegnere una vita in nome della giustizia e di uno stato '? “anche tu domani commetterai un omicidio”. Johan cerco invano di scacciare quelle parole , ma tornavano alla mente , spesso negli ultimi giorni Tornò dai suoi figli come faceva tutti i giorni dopo il lavoro , sembravano contenti e volevano sapere tutto sull'esecuzione di Tito , metodi usati per farlo morire , ma quella sera non aveva voglia di parlare , era preso da un senso di angoscia, non gli era mai capitato. Pensava a gli occhi di Tito e al dolore dei famigliari, anche il “boia dell'Arizona” ha un cuore . Era conosciuto come un uomo freddo , spietato che trattava tutti con distacco eppure il caso di Tito aveva lasciato un piccolo strascico nel suo cuore .
Tito non aveva nessuno, i suoi fratelli lo avevano abbandonato , non aveva amici e nessuno con cui poter parlare , aveva solo una carata e una penna si mise sul letto e incominciò a scrivere queste parole come un fiume scesero dalla penna per trasformarsi in una lettera,
caro boia,
mi chiedo cosa si prova quando si mette quel laccio intorno al braccio di un condannato, quando piano piano premi lo stantuffo della siringa e liquido scende nella sua vena fino a quando la morte si porta via una vita , misera vita , vita che non vale niente ma pur sempre vita.
Mi domando cosa proveresti se al posto mio ci fosse tuo figlio. La mia vita è stata in salita fin da piccolo , a cinque anni mio padre ha incominciato a picchiarmi , a stuprarmi. Più volte ho denunciato ma non hanno ascoltato, poi arrivò quel giorno ancora una volta mio padre era furioso continuava a picchiare i miei fratelli io dovevo difenderli e l'ho ucciso e ora mi trovo qui ad aspettar che tu mi faccia la famosa iniezione. Mi domando cosa sarei diventato se non mi fossi macchiato di un tale orrore , lo stato che ora mi uccide non ha fatto niente per evitare tutto ciò , tante volte abbiamo denunciato , ma nessuno mi credeva era un uomo rispettabile a vederlo non si direbbe un mostro. Ricordo quando ci picchiava, ci spogliava e ci prendeva a cinghiate , non c'era modo di farlo smettere.
L'unico momento felice che ho vissuto con mio padre quando , in quei pochi momenti di lucidità imbracciava la chitarra e ci cantava la canzone IL TESAMENTO DI TITO di Fabrizio de Andrè che amava moltissimo visto le sue origini italiane.
Questo è il mio testamento quando ascolterete questa canzone , ricordatevi di colui che domani manderai a morire, ci sono alcuni versi che rappresentano il mio stato d'animo.”L'invidia di ieri non è già finita...stasera vi invidio la vita.” Già sta sera vi invidio la vita, questo dono immenso , di cui ti accorgi solo quando la stai per perdere , vi invidio i giorni che passerete in famiglia nella gioia , e quelli che trascorrete nel dolore , il calore di un abbraccio , si questo vi invidio la vita nella sua semplicità. Lo so che questo stato mi punisce per la legge del contrappasso , io mi sono preso la vita di mio padre e ora questo stato si prende la mia.
Come fai a convivere con la tua coscienza , a sapendo che ogni volta commetti un omicidio seppur legalizzato. Io convivo con i miei errori , ma tu lo devi fare con i tuo sensi di colpa, caro boia quando leggerai questa lettera tu avrai compiuto il tuo dovere e io non ci sarò più , Questa non altro che una giustizia nell'ingiustizia in uno stato che si crede civile , ma la prigione e lo stato non dovrebbero rieducare chi sbaglia e non ammazzare , con la pena di morte si legittima ad uccidere .
Non siamo Barbari e non siamo nel medio evo eppure questo mondo torna in dietro. So che la mia vita non vale niente, ne un rimorso non una richiesta di perdono, so che lo rifarei sono un mostro,ma la morte è un prezzo troppo grande, da sopportare da solo. Tu domani tornerai a casa , mentre io sarò deposto in una barra , ora mi chiedo cosi poco vale una vita umana?.
caro Tito,
ho letto con attenzione la tua lettera, mi chiedi cosa si prova ad uccidere un uomo , a dire la verità non ci ho mai pensato. Sono quasi trent'anni che lavoro in questa prigione , ho visto molte esecuzioni , i primi tempi pensavo che non ci si abituasse alla morte , ma con il passare del tempo ho corazzato il mio cuore fino a farlo diventare di ghiaccio. Purtroppo è un lavoro come un altro, del resto chi arriva all'esecuzione si è macchiato di grandi delitti, con prove a carico che ne provano la colpevolezza .
Con la pena di morte si ottiene giustizia, nella tua lettera mi parli di giustizia ,di dignità , ma chi pensa alle famiglie delle vittime?, chi gli ridarà il proprio caro?, chi gli ridarà il suo sorriso? La vita non ha prezzo è vero ma chi si macchia di simili orrori non merita questo dono di vivere questa vita. Questa è giustizia La mia coscienza è pulita , non sono io che uccido , sono legittimato dalle leggi di questo stato , marcire nelle prigioni a spese dei contribuenti no, chi uccide deve essere punito e la morte è l'unico mezzo. Forse mi dico questo per convincermi che sto facendo la cosa giusta , così il peso dei miei gesti è meno duro . Mi chiedi cosa proverei se al posto tuo ci fosse mio figlio non lo so caro Tito , tutte le mie certezze si stanno sgretolando come una casa distrutta dal terremoto, non avevo mai pensato di vedere le cose nell'ottica del condannato solo punto di vista della vittima,
ma mi è bastato una lettera una semplice frase “sta sera vi invidio la vita”che tutti miei castelli, si erano sgretolati non so più che fare. Mi sento impotente davanti a tutto questo
Ormai il sole era alto nel cielo, i suoi raggi entrarono nella stanza, Johan aveva avuto gli incubi tutta la notte , e quella voce non gli dava pace continuava a ripetergli “sei un assassino legalizzato” “sei un assassino “ era la voce della sua coscienza , che non aveva mai interrogato.
Ormai era tutto pronto , le luci dei riflettori erano puntate tutte su di lui. Tito era steso su quel lettino , pronto per l'iniezione letale, per tutto il tragitto che lo portava alla “camera della morte”
Tito non aveva staccato gli occhi di dosso da i suoi aguzzini, con una dignità e un orgoglio che era solo d'ammirare , mille pensieri gli attanagliavano la mente. Johan si avvicinò a Tito per mettergli il laccio , si soffermò a guardare Tito, quegli occhi che non si staccavano mai dai suoi , era la prima volta in trent'anni di carriera che durante un esecuzione si soffermava a guardare chi avesse davanti , come un ologramma gli si materializzo il viso di suo figlio . quella visione lo turbò , il suo colorito era simile a quello di un cadavere , bianco , continuò a ripetersi “the show must go on” , e si accinse a mettere li laccio , riguardo negli occhi quel ragazzo e ancora una volta rivide il volto di suo figlio. Invano cerco di togliersi quell'immagine dal cuore e dalla mente ,ma non ci riusciva .
Vide le sue mani e per la prima volta si accorse che tarmavano, che sto facendo ?si disse, che sto facendo ?, poi una nebbia avvolse la sua mente e “cadde come corpo morto cade” . Si risveglio in una stanza di ospedale, l'esecuzione di Tito era stata portata a termine dal suo vice , calde lacrime scesero dagli occhi di Johan, riuscitosi a liberare dall'angoscia decise di andare in pensione e di onorare quel dono che ci viene dato,una volta sola, la vita“,il testamento di Tito" questo fu il nome dell'associazione che Johan fondò per combattere contro la pena di morte e il rispetto dei diritti umani , in onore del suo amico Tito .Grazie a Tito che aveva capito che la vita è quel dono che ci viene offerto una volta sola ,e che nessuno ha il diritto di toglierla neanche nel nome della giustizia dignità per i detenuti condizioni più umane ,perché chi sbaglia merita di poter rimediare ai propri errori , perché come dicevano i latini “errare humanum est”
mercoledì 1 luglio 2009
in vino veritas
Un buon vino è come una donna, dalle curve sinuose , dolce e frizzante o forte e passionale, basta saperlo scegliere per entrare nell’Olimpo degli idei”. Questo pensava Giovanni, detto Giò dagli amici, mentre entrava nell’ennesima enoteca . Tutto era pronto per la cena , ma il vino, che tormento! Aveva organizzato tutto con dovizia di particolari , cena a lume di candela, serenata al chiaro di luna e la sua bella sarebbe caduta ai suoi piedi, e poiché sognava quel momento da vari mesi, tutto doveva filare liscio , pertanto anche la scelta di un vino , risultava di vitale importanza .Girava tra gli scaffali, come un automa in cerca di un vino speciale , quello che ti toglie i freni inibitori, e ti porta nel paradiso terrestre, ma per chi di vino non sa nemmeno l’ “A,B,C” risulta essere complicato districarsi con tutte quelle le varietà e marche che finiscono, per confondere gli occhi e anche un po’il cuore. Era cosi smarrito che una commessa con aria professionale si mosse a compassione “posso esserle utile signore ?”. “si certo ho bisogno di un bianco per una cena a base di pesce lei che mi consiglia?””Se vuole fare una bella figura direi di comprare del “pinot grigio cantina Santa Margherita , ottimo come aperitivo , o a tavola con insalate e primi di pesce“. Rinfrancato dall’esperienza della commessa decise di comprare del “Pinot grigio”, finalmente aveva partorito la scelta ,ora era tutto pronto , vino compreso, felice uscì dal negozio e si diresse verso casa soddisfatto. L’ora di cena era arrivata e presto avrebbe visto la sua dea, la sua venere di Botticelli, mise a punto gli ultimi dettagli quando suonò finalmente il campanello. La cena stava procedendo al meglio tra una risata e un bicchiere di vino e galeotto il vino ,che si fece più audace, la prese tra le braccia e la baciò .La donna presa alla sprovvista , e anche un po’ brilla gli assestò un sonoro ceffone e corse via dicendo”se sono qui è per far ingelosire il tuo collega Gianfranco quello si che è un vero uomo! Corse via sbattendo la porta. E fu cosi che dal paradiso in cui voleva salire Giovanni scese all’inferno . E come dicevano il latini”in vino veritas”
lettera di un padre disperato
Cara Allison,
sono qui sulla tua tomba, nel giorno in cui ricorre l’anniversario della tua prematura scomparsa. Avevi solo ventidue anni e una vita davanti, fatta di sogni, di speranza , poi un giorno, come se fosse destino, arriva la morte a portarti via da chi ami. Ti avevo insegnato che ci si può divertire senza eccessi , senza droga né alcool e tu lo sapevi, ma non c’eri solo tu su quella strada, cosi ti ho perso, accartocciata in una macchina, quella che ti avevo comprato io , la macchina che sognavi, quella che ti rendeva libera negli spostamenti. Invece proprio in quella auto hai incontrato la morte. A me non resta che lo sfogliare tra i ricordi , per vedere i tuoi occhi sorridere, per sentirmi dire “ti voglio bene pa’ ”. Tu eri il mio orgoglio e la mia vita e ora che non ci sei più non ho più ragione di vivere. Ora come vivrò? Questo dolore è troppo grande da superalo da solo, ma tu non ci sei perché quel ragazzo ubriaco, drogato passava sulla tua strada. E’la sua macchina che si è schianta sulla tua, tu e le tue amiche siete morte sul colpo , mentre lui si è salvato. Sono qui per scriverti questa lettera disperata per dirti che ti amato tanto, ma non te l’ho mai detto, pensando di avere tempo. Ti ho perso troppo presto, e ora non mi resta che questo dolore atroce che non riesco a lenire, che non riesco a superare, perché non c’è amore più grande di quello di un genitore. I ricordi di quel giorno pesano come macigni, nel mio cuore. Ti rivedo all’obitorio, il tuo viso nascosto da quel lenzuolo bianco, deturpato dallo schianto. Ricordo, gli occhi di colui che ti ha portato via da noi, mai un segno di pentimento, di dispiacere e i tuoi amici che tento mi hanno confortato. Ma tanto che importa se tu non sei con me. mentre son qui che ti ripenso bambina, cucciolo appena nato e ora corpo inerme in una bara. Ragazzi non bevete, non drogatevi, perché la vita è un dono prezioso. Fate che nessun padre debba sopportare questo dolore, ci si può divertire anche con il cervello , bere e drogarsi non è la soluzione ai problemi ma solo l’inizio. E mentre ti scrivo cara figlia mia , invoco quella giustizia degli uomini , che arriverà per colui che ha spento la vita di tre angeli e intanto muoio dentro, arido è diventato il mio cuore, non c’è posto per la serenità ma solo per il dolore. La vita non più fatta di mille colori conosce solo il nero delle morte, non c’è speranza, non c’è miracolo che ti possa riportare da me. Proteggimi e veglia su di me alla tua famiglia e ricorda che ti abbiamo amato.
con amore
papà
sono qui sulla tua tomba, nel giorno in cui ricorre l’anniversario della tua prematura scomparsa. Avevi solo ventidue anni e una vita davanti, fatta di sogni, di speranza , poi un giorno, come se fosse destino, arriva la morte a portarti via da chi ami. Ti avevo insegnato che ci si può divertire senza eccessi , senza droga né alcool e tu lo sapevi, ma non c’eri solo tu su quella strada, cosi ti ho perso, accartocciata in una macchina, quella che ti avevo comprato io , la macchina che sognavi, quella che ti rendeva libera negli spostamenti. Invece proprio in quella auto hai incontrato la morte. A me non resta che lo sfogliare tra i ricordi , per vedere i tuoi occhi sorridere, per sentirmi dire “ti voglio bene pa’ ”. Tu eri il mio orgoglio e la mia vita e ora che non ci sei più non ho più ragione di vivere. Ora come vivrò? Questo dolore è troppo grande da superalo da solo, ma tu non ci sei perché quel ragazzo ubriaco, drogato passava sulla tua strada. E’la sua macchina che si è schianta sulla tua, tu e le tue amiche siete morte sul colpo , mentre lui si è salvato. Sono qui per scriverti questa lettera disperata per dirti che ti amato tanto, ma non te l’ho mai detto, pensando di avere tempo. Ti ho perso troppo presto, e ora non mi resta che questo dolore atroce che non riesco a lenire, che non riesco a superare, perché non c’è amore più grande di quello di un genitore. I ricordi di quel giorno pesano come macigni, nel mio cuore. Ti rivedo all’obitorio, il tuo viso nascosto da quel lenzuolo bianco, deturpato dallo schianto. Ricordo, gli occhi di colui che ti ha portato via da noi, mai un segno di pentimento, di dispiacere e i tuoi amici che tento mi hanno confortato. Ma tanto che importa se tu non sei con me. mentre son qui che ti ripenso bambina, cucciolo appena nato e ora corpo inerme in una bara. Ragazzi non bevete, non drogatevi, perché la vita è un dono prezioso. Fate che nessun padre debba sopportare questo dolore, ci si può divertire anche con il cervello , bere e drogarsi non è la soluzione ai problemi ma solo l’inizio. E mentre ti scrivo cara figlia mia , invoco quella giustizia degli uomini , che arriverà per colui che ha spento la vita di tre angeli e intanto muoio dentro, arido è diventato il mio cuore, non c’è posto per la serenità ma solo per il dolore. La vita non più fatta di mille colori conosce solo il nero delle morte, non c’è speranza, non c’è miracolo che ti possa riportare da me. Proteggimi e veglia su di me alla tua famiglia e ricorda che ti abbiamo amato.
con amore
papà
domenica 21 giugno 2009
oltre la disabilità: l'amore (capitolo secondo)
Andare a lavoro era diventato un supplizio vederlo sempre freddo e distaccato era per lei davvero troppo da reggere. Tutti palpavano la tensione che c’era tra loro ed era difficile non far trapelare la loro storia . Una giornata frenetica in un reparto di chirurgia pediatrica era un tocca sana per Anna, e di questo era grata più lavorava e più non pensava alla sua sventura, mentre era immersa nei suoi problemi un suono, riconosciuto come squillo , disturbò il suo pensiero: era il suo cellulare, subito rispose e una voce amica e allarmata la invitava a tornare subito a casa, Andrea stava male , aveva la febbre molto alta e lei non sapeva cosa fare aveva giàChiamato il medico . Anna non aveva mai corso in macchina , ma quella sera aveva fatto quella strada più veloce del vento, entrò in casa e prese in braccio Andrea e palpandogli la fossi iliaca destra, si accorse che il bambino aveva dolore , ipotizzando una appendicite decise di portare il bambino dirittamente al proto soccorso del suo ospedale tanto a quell’ora non avrebbe sicuramente visto Antonio. Alla fatidica domanda “che abbiamo ?”Antonio l’infermiera Rispose :” sospetta appendicite “ , procediamo con la visita , eseguite un emocromo urgente , io intanto parlo con la madre. Le infermiere svolsero il loro lavoro con professionalità cercando di mettere il bambino a più aggio possibile “chi è la madre del bambino?” ” Sono io disse Anna mentre si girò di scatto per vedere davanti a sé l’uomo che avrebbe curato suo figlio, con stupore si accorse che era Antonio . “vieni , temo che Andrea debba essere operato, ma ti dirò qual cosa di preciso quando avrò le analisi intanto vorrei ricoveralo” ,poi prese in braccio il piccolo e guadandolo con tenerezza gli promise che sarebbe andato tutto bene. Anna vedendo quel quadretto, non poté non pensare che forse il cuore di Antonio si fosse un po’ sciolto davanti gli occhi di suo figlio e alla tenerezza che questi bambini danno a chi hanno vicino. Dopo qualche ora Antonio andò da lei per comunicarle il verdetto finale:”appendicite acuta” e che il suo aiuto avrebbe operato il suo bambino . Anna era arrabbiata ma come disse non Lo operi tu ? lo lasci nelle mani di una altro ? perché?. Antonio le andò vic$ino le prese le mani e disse che sarebbe andato tutto bene ? il dottor Peterson è il migliore aiuto che abbia, io non posso sono coinvolto e andò via sbattendo la porta. Per un bambino affetto da trisomia 21 anche un intervento di appendicite può essere difficile e comportare molti rischi e questo Anna lo sapeva , un ‘angoscia cosi non l’aveva mai provata. Intanto nel suo ufficio Antonio ripensava suo figlio mentre colloquiava con il suo aiuto “allora mi dice perché non vuole operare quel bambino, la vedo assente e stanco non è da lei”. “Non posso sono stanco e poi…e poi è mio figlio e non posso , per etica, ti metto in mano la vita di quel bambino”. “se vuole può assistere “ preferisco stare con Anna . Anna era seduta lì in quella sala d’aspetto, senza luce e ne colori , spesso in quegli anni aveva visto genitori seduti su quella panchina ad spettare notizie di un proprio familiare, ma solo ora era a conoscenza di quel dolore che si capisce solo quando lo si prova, era lì che aspettava quando senti una mano sulla spalla in un gesto di impeto Antonio la prese tra le braccia per consolarla ,”vedrai tutto andrà bene nostro figlio è forte ,è forte”.
giovedì 18 giugno 2009
a te che soffri
,A te che hai visto la fiamma dell’amore come unica meta a cui tendere, e su cui ergere la tua esistenza
A te amico,malato di dolore
A te che hai visto i sogni infrangersi come l’onda si infrange sul promontorio della vita lasciando la sua schiuma come unico ricordo
A te essere semplice ed innamorato, dedico questo canto umile e silente che non ha come intento di lenire quel tuo cuore malato d’amore , quella tua sofferenza che tanto mi strige cuore , ma è un solo grazie per avermi dato quell’onore
Quella di sentirmi considerare amica anche nel dolore
A te amico,malato di dolore
A te che hai visto i sogni infrangersi come l’onda si infrange sul promontorio della vita lasciando la sua schiuma come unico ricordo
A te essere semplice ed innamorato, dedico questo canto umile e silente che non ha come intento di lenire quel tuo cuore malato d’amore , quella tua sofferenza che tanto mi strige cuore , ma è un solo grazie per avermi dato quell’onore
Quella di sentirmi considerare amica anche nel dolore
sabato 13 giugno 2009
oltre la disabilità: l'amore parte prima
Anna guardava il suo piccino, mentre dormiva , in quei magnifici due anni lo vedeva addormentarsi ogni giorno e con lo stesso dolore si interrogava:” perchè? Perché proprio a lui? Andrea era un bambino speciale perché aveva un cromosoma in più , infatti era affetto dalla trisomia del cromosoma 21 o più comunemente sindrome di down, che tutti conosciamo perché ahimè molto diffusa . Certo la vita aveva messo alla prova Andrea non ancora nato, quando suo padre aveva deciso di abbandonarlo , perché troppo imperfetto, e troppo anormale. Ma che cos’è che scatta dentro un uomo che lo spinge a lasciare suo figlio sangue del suo sangue, non lo so , ma pur non avendo un padre aveva tanta gente che lo amava più di ogni altra cosa al mondo. Anna aveva lasciato tutto per suo figlio, un lavoro brillante da infermiera , ma non le pesava per i figli si è disposti anche a morire. Un giorno però decise di tornare a lavorare ormai Andrea era grandicello e l’avrebbe potuto portare all’asilo nido in oltre c’era una schiera di persone pronta a prendersi cura di lui, e cosi fece, dopo qualche mese trovo lavoro in una nota clinica di Roma.Il primo giorno in reparto è sempre difficile per tutti: nuovi colleghi, facce nuove, nuovi metodi e tante cose da imparare . Anna aveva superato brillantemente quel giorno di prova e quindi il posto di lavoro, era suo. Era felice mentre era in reparto , quando d’improvviso senti una voce che aveva cercato di dimenticare , si volto di scatto e riconobbe quegli occhi che l’avevano fatta innamorare. “Anna vieni che ti faccio conoscere il nostro primario , il professore Antonio Drago” si senti chiamare dalla caposala mentre lei avrebbe voluto solo sparire . Fatte le presentazioni , iniziò il giro visite , che venne svolto con professionalità e competenza, tra i suoi pazienti c’era un bambino con la trisomia 21, con stupore di Anna vide il primario prendere in braccio il bambino e giocare con lui e un po’ di amarezza le attanagliò il cuore, come un uomo potesse essere cosi dolce e buono con i figli degli altri e aver abbandonato il suo senza chiedersi nemmeno come stesse. Anna provava una rabbia , un dolore, che le toglievano il fiato eppure rivedere i suoi occhi marroni e quel sorriso avevano scombussolato il suo cuore. Mentre era immersa nei suoi pensieri, venne riportata alla realtà dal primario che la invitava a raggiungerla nel suo studio, suo mal grado fu costretta a seguirlo. L’imbarazzo era palese, “il destino a voluto che ci rincontrassimo e credo che dovremmo lasciare da una parte i nostri problemi personali per i nostri pazienti, credo che sia meglio che nessuno sappia che già ci conosciamo “ Anna non credeva alle sue orecchie è proprio vero l’amore rende proprio cechi , ok dissi non preoccuparti. “Come è difficile”pensò Antonio mentre si allontanava dalla stanza , è sempre più bella non sono mai riuscita a dimenticarla ma come potevo dirgli che avevo n tumore , come potevo dirgli che forse sarei morto e poi nostro figlio ha bisogno di lei non può concentrasi su di me si è meglio, ma fare l’indifferente è diventato molto difficile, un mese e poi avrebbe saputo se le nuove terapie avranno fatto effetto e allora solo allora avrebbe provato a riconquistare la sua Anna. Anna era scossa non pensava il rivedere Antonio l’avesse turbata più dl solito, ma non era turbata ma semplicemente disperata, per anni aveva cercato di dimenticarlo, ma era stato impossibile, quando trovi il vero amore credi impossibile che questo possa finire e in quel modo. Ma la realtà era un’altra aveva abbandonato suo figlio , perché malato, lui, che i bambini malati li cura, non si capacitava di ciò. Tornata a casa corse a prendere in braccio il suo Andrea e a giocare con lui cosa che la distendeva moltissimo,ma allo stesso tempo pensava che non l’avrebbe mai visto giocare con suo padre, come fanno tutti i bambini abili e disabili, il cuore gli riempi di tristezza
sabato 6 giugno 2009
l'amore quando arriva arriva
Marta ti prego” urlò Gianna alla sua sorella gemella , farò tutto quello che vuoi se domani vai a quella cena al posto mio, lo sai come nostra nonna vuole cercarmi un fidanzato ad ogni costo e io proprio non ho voglia di trovarmi un barboso figlio di papà noioso e petulante, ti prego, ti prego non mi vorrai far morire cosi giovane . Marta non potendo più sentire le sue lamentele che decise di sostituire la sorella e di far contenta la nonna, sovente avevano scambiato le loro identità di gemelle omozigote e nessuno se ne era mai accorta. .La sera della cena si vesti di tutto punto si trucco e via con la sua Ferrari verso una di quelle serate noiose a casa di sua nonna, ma che poteva fare Gianna riusciva sempre a farle fare quello che voleva. Cosi presa dai suoi pensieri arrivo nel giardino di casa della nonna, si appresto a bussare quando la sua attenzione venne catturato dagli occhi penetranti del giovane che la precedeva. Appena entrata salutò la nonna con trasporto non perdendo d’occhio quegli grigi come il ghiaccio e si diresse verso la sala da ballo che era piena di gente, non conoscendo nessuno si mise in disparte ,seduta a fare da tappezzeria a chi si divertiva ballando .L’uomo con gli di ghiaccio parlava con una donna forse la sua fidanzata pensò, e proprio mentre era immersa nei suoi pensieri , udì una voce calda e suadente che l’invitava a ballare presentandosi. Diceva di chiamarsi marco, guardarlo negli occhi era qualcosa di magico, tanto che il suo cuore era in subbuglio. Non si perse l’occasione e porse la mano al bellissimo esemplare di uomo che aveva davanti e andarono in pista a ballare. Marco mai in vita sua aveva visto mai una donna cosi bella, mai si era sentito cosi agitato , aveva il cuore in tachicardia da quando quello sguardo le aveva trafitto il cuore. Eppure tutti i suoi amici lo consideravano un don Giovanni. Mentre ballarono parlarono del più e del meno dei lavoro di tutto che sembrava conoscersi da una vita . Marta per la prima volte sentiva il cuore battere ad un isono con un ragazzo, avere una sintonia cosi particolare con un uomo da quando il suo grande amore l’ aveva tradito. È vero che esiste il colpo di fulmine esiste, infondo era quello che le era successo si era innamorata del bel Marco .E quando uscirono sul patio per guardare le stelle Marco le si avvicinò le prese tra le braccia e la baciò con tenerezza e passione ma ebbe un effetto su Marta devastante. Tanto che scappo via senza che marco potesse fare nulla per fermarla, non facendo altro che biasimarsi per non avere avuto troppa pazienza non sapeva come trovarla. Avrebbe chiesto alla signora guidoni sicuramente sapeva chi era la donna che aveva conquistato i suo cuore. Il mattino dopo Gianna chiamò la nonna per sapere come era andata la serata del resto avevano architettato tutto per aiutare Marta ad uscire dalla depressione la nonna le aveva raccontato tutto che l’aveva vista ballare con il nipote della sua amica Andrea ed era veramente serena .Gianna interrogò la nonna su Marco e scopri che era una bravo ragazzo e quindi bramava dal desiderio di sentire le novità della sorella quando si sarebbe svegliata. Marta racconto alla sorella dell’incontro di quella sera e che aveva dimenticato di chiedere il cellulare a Marco perché era scappata dopo che lui l’aveva baciata. Gianna non faceva altro che ridere era buffo che la sorella fosse cosi sciocca :”trovi l’uomo della tua vita e scappi” disse come hai potuto fare una cosa del genere? Erano i rimproveri che Gianna continuava a farle. Penso, qui ci vuole Cupido Gianna, si fece dare dalla nonna il numero e l’indirizzo di Marco e decise di andarlo a trovare. Con grande stupore entrò nella casa editrice, che aveva respinto il libro di Marta e si presento dicendo che voleva parlare con Marco, entrò e lo guardo diritto negli occhi notando il suo stupore, subito si presentò dicendo di essere la sorella i Marta , subito nacque una simpatica amicizia, lui le parlò di come la freccia di cupido aveva scoccato la freccia nel suo cuore , che dopo una delusione , aveva provato dei sentimenti per la sorella . Gianna ascoltava le parole di Marco con grande attenzione e soddisfazione l’unico problema che la sua casa editrice aveva respinto il suo libro e conoscendo la sorella non lo avrebbe mai perdonato. Marco allora chiamò la sua segretaria per farsi ridare il manoscritto di Marta ripromettendosi di leggerlo. Gianna se ne andò da quel colloquio soddisfatta era davvero il ragazzo per Marta, dolce e intelligente come piace a lei . Fu sorpresa qualche giorno dopo quando lui a chiamò dicendo che il libro era bellissimo e che ora l’aveva apprezzato perché stava provando le stesse emozioni per cui aveva deciso di pubblicarlo e di fare una sorpresa a Marta e le avrebbe detto amarla ma ch le serviva il suo aiuto. Gianna decise di invitare Marco a cena per fargli conoscere la famiglia o meglio Marta quando lo vide il suo cuore rincominciò a battere cosi forte da uscirgli dal petto, tuttavia non gli disse chi era per paura di perderla. Finalmente era il giorno del lancio del libro e tutta la famiglia si reco al posto stabilito solo a Marta era stato nascosto tutto. Nonna ma si può sapere dove dobbiamo andare cosi agghindate mi state facendo arrabbiare , tu e Gianna dai su mi dite che succede. Appena arrivata negli studi televisivi lesse il cartellone che diceva benvenuta alla presentazione del libro vento passione di Marta guidoni. Guardò prima la sorella , poi la sorella esclamando e voi che ce entrate in questa storia!!!! La nonna rispose entra e lo saprai. Una voce suadente incominciò a parlare “un giorno una ragazza venne alla mia casa editrice portandomi un manoscritto , di un libro , in un primo momento non mi piacque e decisi di non pubblicarlo, ricordo l’impeto di quella giovane nel dirmi che ero troppo cinico per capire cosa si prova quando si è innamorati e aveva ragione, passa circa un anno e galeotta fu una festa a casa di un amica di mia nonna pensavo di annoiarmi , e invece no il mio angelo era li
Fu cosi che rilessi quel libro e lo vidi sotto un altro aspetto , perché anche io provavo le stesse emozioni cosi ho deciso di pubblicarlo, Marta Ti amo e questo dono è per te” . Marta Era incredula guardava a destra e a sinistra c’era tanta gente gli amici, i genitori tutti erano venuti per il suo libro , ma era arrabbiata e contenta in contemporanea te Marta esoridi cosi nel suo primo discorso da scrittrice “che eri un farabutto signor editore lo sapevo, ma fino a questo punto……..Però sei anche affascinante e purtroppo anche io ti amo lo guardo negli occhi ridendo e incominciò a parlare davanti la platea del suo libro finita la serata Marta era cosi arrabbiata che non si trattene più voglio sapere tu cosa centri con questa farsa , guardando la sorella negli occhi tu sapevi tutto e tu come ti sei permesso di mentirmi mi hai detto che lavorarvi in una casa editrice e no che eri il capo e poi adesso tutti penseranno che mi hai pubblicato il libro perché ero la tua amante,Adesso basta per favore se ho fatto questo è perché volevo fare una cosa speciale per te e se tu non lo capisci che quel libro è fantastico sono solo affari tuoi , io non potevo capirlo all’inizio perché ero cinico e distaccato , ma tu già da quel primo incontro mi hai fatto capire quando sbagliavo ad essere cosi le nostre nonne e tua sorella ci hanno solo aiutato lo hanno fatto solo perché ti vogliono bene ed erano preoccupati per te , con Gianna farò i conti dopo e si avvicino pian piano a marco e lo circondò in un caldo abbraccio e mentre la baciava , tutta la tensione del momento calò e si lascio cullare da quel nuovo e brillante sogno d’amore. Marco le racconto di come aveva conosciuta Gianna e di come le nonne avevano architettato tutto per fare in modo che si potessero conoscere, e quel cupido in aspettato aveva portato un vento di speranza nella sua vita e doveva re ingraziare tutte le due persone che amava di più sua sorella e la sua adorata nonna. Da lontano si sentivano i gridolini entusiasti di Gianna e Marta corse ad abbracciarla cosi quella sera divenne speiciale. Dopo alcuni mesi Marta sposo Marco e proprio a quella festa gianna conobbe andrea fratello minore di Marco , chissà penso marta forse il prossimo sarà il loro e baciò la sorella
Fu cosi che rilessi quel libro e lo vidi sotto un altro aspetto , perché anche io provavo le stesse emozioni cosi ho deciso di pubblicarlo, Marta Ti amo e questo dono è per te” . Marta Era incredula guardava a destra e a sinistra c’era tanta gente gli amici, i genitori tutti erano venuti per il suo libro , ma era arrabbiata e contenta in contemporanea te Marta esoridi cosi nel suo primo discorso da scrittrice “che eri un farabutto signor editore lo sapevo, ma fino a questo punto……..Però sei anche affascinante e purtroppo anche io ti amo lo guardo negli occhi ridendo e incominciò a parlare davanti la platea del suo libro finita la serata Marta era cosi arrabbiata che non si trattene più voglio sapere tu cosa centri con questa farsa , guardando la sorella negli occhi tu sapevi tutto e tu come ti sei permesso di mentirmi mi hai detto che lavorarvi in una casa editrice e no che eri il capo e poi adesso tutti penseranno che mi hai pubblicato il libro perché ero la tua amante,Adesso basta per favore se ho fatto questo è perché volevo fare una cosa speciale per te e se tu non lo capisci che quel libro è fantastico sono solo affari tuoi , io non potevo capirlo all’inizio perché ero cinico e distaccato , ma tu già da quel primo incontro mi hai fatto capire quando sbagliavo ad essere cosi le nostre nonne e tua sorella ci hanno solo aiutato lo hanno fatto solo perché ti vogliono bene ed erano preoccupati per te , con Gianna farò i conti dopo e si avvicino pian piano a marco e lo circondò in un caldo abbraccio e mentre la baciava , tutta la tensione del momento calò e si lascio cullare da quel nuovo e brillante sogno d’amore. Marco le racconto di come aveva conosciuta Gianna e di come le nonne avevano architettato tutto per fare in modo che si potessero conoscere, e quel cupido in aspettato aveva portato un vento di speranza nella sua vita e doveva re ingraziare tutte le due persone che amava di più sua sorella e la sua adorata nonna. Da lontano si sentivano i gridolini entusiasti di Gianna e Marta corse ad abbracciarla cosi quella sera divenne speiciale. Dopo alcuni mesi Marta sposo Marco e proprio a quella festa gianna conobbe andrea fratello minore di Marco , chissà penso marta forse il prossimo sarà il loro e baciò la sorella
domenica 31 maggio 2009
ho difeso il mio amore
Marta era giunta in quel luogo, era tanto tempo che non andava in quel paese che l’aveva vista bambina. Ma ora dopo la notizia della morte dell’dorato nonno non poté fare a meno di andare sulla sua pietra per salutarlo un ultima volta. Marta si accosto alla tomba del nonno e si mise a parlare un po’ con lui ,ma la sua attenzione venne distolta dalla frase presente sulla tomba attigua a alla sua “ho difeso il mio amore” . La tomba apparteneva ad un uomo morto l’8 – maggio , queste erano solo coincidenze ma le ricordavano una bellissima canzone dei Nomadi .Sulla tomba c’era scritto il suo nome e lo appuntò sul taccuino che porta con sé, perche voleva sapere come fosse morto e il perché di quella frase che tanto gli aveva riempito il cuore .Marta tornò a casa e chiese notizie alla nonna : “ Cara figliola, la storia che ti sto per raccontare è successa circa 10 anni fa , l’uomo di cui parli abitava proprio li vedi? , indicandomi il luogo con il dito. Aldo era un ragazzo giovane dal futuro promettente , era venuto qui per ritemprarsi le membra a dire dei nostri concittadini sembrava al quanto strano la sua ossessione era quella canzone dei Nomadi aspetta come si chiamava ……ho………..ho…… ho difeso il mio amore la sentiva ogni giorno ad ogni minuto era una vera e propria ossessione. Un giorno venne ritrovato impiccato nella sua casa il perché non la abbiamo saputo mai” Marta decise di riandare al cimitero erano giorni che una voce l’invocava di andare li, e cosi fece si sedette su quella pietra incolta stette li finche una voce incomincio a parlare .”queste parole sono dette da chi non ha visto più il sole per amore di lei…..” Era bella un sogno si chiamava Engel , eravamo cosi innamorati che non potevamo stare l’uno senza l’altro, ma poi venne un altro e lei se ne andò senza darmi nessuna spiegazione e allora preso da un raptus di follia ho ucciso il mio rivale e sono scappato via e sono giunto nella tua città .Mi sentivo in colpa, lo vedevo da per tutto e cosi mi sono deciso che l’unico modo di espiare le mia colpa era uccidermi e cosi ho fatto …..io ho solo difeso il mio amore anche se so che l’ho fatto nel modo sbagliato lo rifarei mille volte e incominciò a cantare
Queste parole sono scritte da chi non ha visto più il sole per amore di lei.
Io le ho trovate in un campo di fiori. Sopra una pietra c’era scritto così:
Ho difeso ho difeso l mio amore il mio amore.
C’era una data l'otto di maggio, lei era bella,era tutto
per lui.Poi venne un altro,gliela strappa di mano cosa
poi sia successo lo capite anche voi.
Ho difeso ho difeso il mio amore il mio amore.
Questa è una storia che finisce così sopra unapietra
che la pioggia bagnò.Son tornato una notte e ho sentito una voce, il grido di un uomo che chiedeva perdono. Ho difeso ho difeso il mio amore il mio amore.
Ho difeso ho difeso il mio amore il mio amore
Quando Marta si veglio si ritrovò su quella pietra pensò :” ma allora era solo un sogno” e cosi andò a casa cantando ho difeso ho difeso il mio amore
Queste parole sono scritte da chi non ha visto più il sole per amore di lei.
Io le ho trovate in un campo di fiori. Sopra una pietra c’era scritto così:
Ho difeso ho difeso l mio amore il mio amore.
C’era una data l'otto di maggio, lei era bella,era tutto
per lui.Poi venne un altro,gliela strappa di mano cosa
poi sia successo lo capite anche voi.
Ho difeso ho difeso il mio amore il mio amore.
Questa è una storia che finisce così sopra unapietra
che la pioggia bagnò.Son tornato una notte e ho sentito una voce, il grido di un uomo che chiedeva perdono. Ho difeso ho difeso il mio amore il mio amore.
Ho difeso ho difeso il mio amore il mio amore
Quando Marta si veglio si ritrovò su quella pietra pensò :” ma allora era solo un sogno” e cosi andò a casa cantando ho difeso ho difeso il mio amore
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